Verso un’ecologia del web di Luca Alberigo

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La casa editrice Golem Edizioni ha pubblicato di recente il nuovo libro di Luca Alberigo. Abbiamo avuto l'opportunità di rivolgere alcune domande all'autore che ha condiviso con noi la sua esperienza e qualche pronostico sul futuro del digitale in Italia

Il libro è rivolto a tutti coloro che nella vita si trovano a dover prendere delle scelte strategiche rispetto a come integrare il digitale nei propri processi aziendali e organizzativi. Il digital può essere davvero una rivoluzione positiva ma solo se si è in grado di governarne la complessità.

L’obiettivo del libro è quello di fornire ai decision maker le informazioni tecniche e strategiche essenziali per fare la scelta giusta e intraprendere il percorso più efficace per crescere grazie al digitale.

L’autore

Luca Alberigo è un imprenditore, docente e autore italiano. Da 10 anni si occupa di digital marketing, curando la fase strategica e la definizione del cosiddetto digital marketing mix, di vendita e marketing online ed eroga progetti di consulenza per gruppi aziendali internazionali. Oggi socio di GBS Group, azienda di Torino che da oltre 20 anni opera nel mondo ICT. Marito. Padre di due figli. Nel tempo libero vive le sue grandi passioni: i viaggi in motocicletta e scoprire le bellezze dell’Italia con la propria famiglia.

L’intervista

Quali sono i settori che, secondo lei, hanno maggiormente risentito della crisi, e che più hanno dovuto far ricorso al digitale?

Credo che la spinta più forte, in questi oltre 2 anni di pandemia, l’abbiano subìta tutte quelle attività commerciali, negozi o catene di retailer o franchising, che hanno dovuto accelerare l’adozione di nuovi strumenti di contatto e interazione con la propria clientela.

In generale, l’Italia è rimasta indietro nella corsa alla digital transformation per molti anni. Non che ora siamo in pari rispetto agli altri paesi europei, ma se possiamo individuare un piccolissimo aspetto positivo di questi anni di pandemia è stata proprio l’accelerazione che l’Italia ha subito nel percorso di adozione del digitale. Il 75% delle persone che, tra marzo e aprile 2020, hanno effettuato un acquisto online, non lo avevano mai fatto prima. Per qualcuno è stata l’opportunità di crescere, strutturarsi e progredire; per qualcun altro, purtroppo, quel periodo ha rappresentato il cosiddetto colpo di grazia.

Superata la fase più oscura dei lockdown più restrittivi, abbiamo assistito a una normalizzazione dei comportamenti di acquisto e dell’utilizzo del web nei percorsi di decisione. Molti di coloro che hanno imparato a fare la spesa online nei mesi in cui non si poteva più uscire, non hanno più smesso. O sono tornati in negozio, ma andandoci dopo aver usato strumenti nuovi per acquisire informazioni che prima non avevano, proprio perché non cercavano. 

 

Secondo lei, il mercato italiano è pronto a ricevere questa spinta verso il digitale? Se non ci fosse stata la necessità data dal Covid questa trasformazione sarebbe avvenuta comunque, magari tra qualche anno?

Assolutamente, sì! La spinta che abbiamo ricevuto ci ha reso “normale” mandare un whatsapp al negoziante di fiducia per sapere se ha o non ha un determinato prodotto disponibile. Allo stesso modo, in molti hanno compreso che acquistare online non solo è in larga parte sicuro, ma è anche comodo e libera del tempo che può essere impiegato per fare altro.

Il trend era segnato, certamente, lo dicono i dati. La diffusione del web in molti settori in Italia è in crescita a 2 cifre da anni, ma il nostro paese era e rimane ancora molto indietro rispetto a mercati molto più maturi, come Francia, Germania e UK. Secondo una recente ricerca di Oliver Wyman, commissionata da Amazon, rispetto al totale del fatturato per settore in Italia poco più del 10% degli acquisti di abbigliamento e accessori avvengono online, poco più del 15% per gli hobby e il tempo libero e poco più del 5% per arredamento e accessori, percentuali nettamente inferiori rispetto alla media degli altri paesi. In tal senso, l’uso di “touchpoint digitali” ieri inimmaginabili e oggi quotidiani, non può che farci guardare con curiosità in avanti, studiando proprio questi contesti che oggi, in parte, sono meno distanti.

 

In un futuro, più o meno prossimo, vi sarà, secondo lei, un completo passaggio al digitale per quanto riguarda il panorama italiano o la nostra forma mentis ci terrà legati per sempre al passato?

E’ sbagliato contrapporre “il fisico” al “digitale”. Il grosso del volume di affari viene generato nel commercio fisico e, credo, così rimarrà. Semmai, ciò che accadrà nei prossimi 4/5 anni sarà una sorta di “fusione”, una finalmente completa e convinta adozione di strumenti digitali, sempre più al servizio del commercio fisico. Lo vediamo con l’evoluzione e le nuove implementazioni di strumenti di uso quotidiano, che consentiranno di costruire vere e proprie “comunità” digitali chiuse all’esterno, ma molto dinamiche al loro interno. 

Guardando anche ciò che accade all’estero, ci possiamo rendere conto che:

  • l’Italia è ancora all’inizio di un percorso molto lungo e articolato
  • chi saprà cogliere queste opportunità, potrà davvero prosperare in un mercato più competitivo da una parte, ma più globale e locale allo stesso tempo, dall’altra.

 

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