La ricerca, realizzata da True Global Intelligence in partnership con Vitreous tra 200 CMO, PR Manager, responsabili senior di marketing e comunicazione italiani di grandi aziende appartenenti a sette settori (manifatturiero e automotive, servizi finanziari, energia, beni di largo consumo o FMCG, healthcare, e tech), sul loro rapporto con intelligenza artificiale (generativa) e Business Process Automation e su come utilizzano tali tecnologie.
Tra le principali evidenze, emerge che:
- le risposte fornite da CMO, PR manager e professionisti della comunicazione delle aziende tecnologiche restituiscono un quadro caratterizzato da una profonda dicotomia: se, infatti, da un lato essi esprimono la seconda percentuale più alta di sentiment positivo (96%) verso le nuove tecnologie accompagnata da un giudizio altrettanto positivo sull’impatto che hanno avuto sul loro ruolo (73%), dall’altro si riscontra qui il numero più elevato in assoluto (29%) di coloro che dichiarano di non aver mai usato tali strumenti e di non aver pianificato di adottarli.
- In generale le aziende del settore tech approcciano AI (generativa) e BPA in una duplice prospettiva e da una parte li adottano, infatti, nell’analisi del mercato e in alcune fasi di ideazione delle campagne marketing e PR, dall’altra sono i principali produttori di queste soluzioni. La familiarità con tali tecnologie le porta ad esserne le maggiori utilizzatrici – oltre che per l’automazione dei processi – per l’ideazione di contenuti (53%) e nell’A/B testing di campagne (47%), anche se la funziona principale rimane quella dell’automazione dei processi (60%).
- Più raramente si lascia all’IA generativa anche la creazione finale del contenuto, visual o audio che sia (13%), mentre nessuno dichiara di utilizzarla per la redazione di testi o comunicati stampa, probabilmente perché è forte il timore che il risultato possa essere influenzato da fonti non attendibili o peggio da pregiudizi e stereotipi. I rispondenti di questa industry, infatti, si confermano i più sensibili ai rischi reputazionali (62%), influenzati da alcuni casi eclatanti cui i media hanno dato visibilità.